L’opera di Rosso Fiorentino rifiutata da Leonardo Buonafede
Nel 1518, lo spedalingo dell’Ospedale di Santa Maria Nuova Leonardo Buonafede commissionò al pittore manierista Rosso Fiorentino una tavola destinata alla prima cappella a sinistra dell’altare maggiore della Chiesa di Ognissanti, ma oggi conservata alle Gallerie degli Uffizi. La richiesta faceva riferimento alle volontà testamentarie della vedova Francesca de Ripoll, catalana instauratasi a Firenze.
Il Rosso realizzò una sacra conversazione, con al centro la Madonna col Bambino, seduta sullo sfondo di un damasco dorato, affiancata a sinistra da San Giovanni Battista e Sant’Antonio abate e a destra da Santo Stefano e San Girolamo. Ai piedi del trono, seduti su un gradino, due angioletti sono assorti nella lettura di un libro.
Durante la realizzazione, lo spedalingo e monaco certosino Buonafede, dando un’occhiata preliminare alla tavola, ne rimase estremamente contrariato: i santi disegnati dal pittore sembravano piuttosto diavoli, inquieti ed inquietanti, si sentì preso in giro e rifiutò il lavoro! Nelle parole di Giorgio Vasari, storico dell’arte ante litteram, sulla diatriba troviamo un tentativo di spiegare la scelta artistica del Rosso, la cui abitudine di accentuare espressioni disperate negli abbozzi veniva addolcita nella versione conclusiva delle opere.
Solamente dopo l’intervento di due intermediari, i pittori Francesco Granacci e Giuliano Bugiardini, lo spedalingo Buonafede si decise ad accettare l’opera, ma facendo uno “sconto” sul compenso finale da retribuire a Rosso Fiorentino.
Ad ogni modo, la tavola non raggiunse mai la chiesa di Borgognissanti. Nel 1525, l’ospedale spedì la cosiddetta Pala dello Spedalingo nella Chiesa di Santo Stefano a Grezzano, piccola proprietà ospedaliera tra le montagne del Mugello, affinché ne decorasse l’altare. Per questa occasione la bottega di Ridolfo del Ghirlandaio sicuramente realizzò una nuova cornice, ma si suppone che siano stati ritoccati anche i santi (in particolare il panneggio di San Girolamo), il volto del Bambino e le mani della Madonna.
A Buonafede va certamente riconosciuto che i personaggi dell’opera non sono certo trattati in maniera piacevole e armoniosa: i santi sono cupi, le espressioni sono interrogative e attonite, le ombreggiature dei volti e dei corpi sono estremamente marcate. L’unica nota dolce, cromaticamente più ricca brillante, sono i due giovani angioletti in primo piano. Eppure proprio questo stile inquieto è uno degli elementi caratteristici e originali dello stile manierista del Rosso.