Anne Brunet: la malata immaginaria

I rapporti tra Santa Maria Nuova e l’ospedale Bonifazio nell’Ottocento

Ultimo aggiornamento: 17/04/2023 10:12

Fra le cronache amministrative della gestione ospedaliera ottocentesca si possono scoprire, grazie ai regesti di Santa Maria Nuova depositati in Archivio di Stato, eventi e persone che, anche se in modo marginale, ci rappresentano le peculiarità dell’epoca e gli effetti degli eventi napoleonici a Firenze. Dai polverosi registri dell’amministrazione sanitaria del 1810 ritroviamo fra le ricoverate, nell’Arcispedale, una malata molto particolare.

Si tratta di Anne Brunet, cittadina francese, condannata a due anni di prigione per truffa perpetrata nell’arruolamento dei militari (escroqueries multipliées en matière de conscription) ma poi arrivata, con qualche simulato malessere, nella sempre accogliente struttura di Santa Maria Nuova. La necessità di nuove forze per la Grande Armata di Napoleone aveva infatti abbassato l’età della coscrizione e richiesto, all’Italia, oltre 40.000 militari nelle classi del 1806-10. Possiamo quindi immaginare i tentativi di riforma per ragioni di salute e familiari e i casi possibili di elusioni dalla coscrizione.

Tale Brunet, truffatrice professionista, sembra però usare il ricovero ospedaliero per continuare i suoi loschi traffici, e il Commissario ospedaliero, indispettito, relaziona all’autorità il 10 febbraio 1810 che “il contegno che essa tiene di frequentemente girare per le sale, di nutrirsi con cibi non adattati a una vera malata, mi fa credere con fondamento che ella procuri di consumare il lungo tempo della sua detenzione in questo ospedale”.

Ecco allora l’idea, avallata dall’amministrazione francese, di incaricare l’esimio dottor Vincenzo Chiarugi dell’Ospedale di Bonifazio del ricovero della Brunet fra i pazienti psichiatrici, con l’ordine di allocarla “in una delle prime camere dello Spedale delle Dementi (…) e apprestargli i rimedi opportuni per la sua guarigione. Finalmente non sarà permesso ad alcuno di fargli frequenti e lunghe visite senza un mio ordine particolare”. Ecco così, forse, risolto il problema della malata immaginaria francese che, pensiamo, avrà preferito trascorrere il resto della pena tornando in carcere e non in isolamento con i malati di mente.

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