Da Santa Maria Nuova agli Uffizi
Chiunque abbia visitato la Galleria degli Uffizi non può non aver ammirato quest’opera perché, prima della recente sistemazione delle sale dedicate a Botticelli, il dipinto faceva bella mostra di sé, proprio davanti alla celebre “Primavera”.
Il “Trittico” ebbe il merito di introdurre i dettami dell’arte fiamminga a Firenze, attraverso i grandi artisti che lo ammirarono e ne presero spunto, influenzando l’arte italiana successiva. Botticelli, Ghirlandaio, Leonardo: sono solo alcuni dei maestri che frequentarono l’Ospedale di Santa Maria Nuova e poterono ammirarla sull’altare della Chiesa di S. Egidio. Anche l’arrivo del dipinto a Firenze fu “dirompente”: si racconta che fu trasportato via mare fino in Sicilia, poi a Pisa e da Pisa risalì l’Arno fino a Firenze. Quando i fiorentini poterono ammirarlo, rimasero a bocca aperta tanto era diverso il modo di dipingere dei pittori “del Nord” rispetto ai “nostri”: diversissima l’estetica dei personaggi, limpidissimo il paesaggio grazie alla perizia nell’utilizzo della “pittura ad olio”.
Ma come è finito questo capolavoro nell’Ospedale di Santa Maria Nuova? Grazie a Tommaso Portinari, discendente di quel Folco Portinari, che aveva fondato l’Ospedale nel 1288. Tommaso continuava ad esercitare il mestiere del suo antenato – il banchiere – lavorando per il Banco dei Medici a Bruges. In questo modo, entrò a stretto contatto con la società fiamminga e fece realizzare dai pittori locali alcuni capolavori per “l’Ospedale di famiglia”. Certo, forse non avrebbe mai immaginato né di fare da “talent scout” all’arte fiamminga a Firenze né di finire ritratto su gran parte dei nostri manuali scolastici di Storia dell’Arte. Di certo seppe coniugare ricchezza, raffinatezza e un gusto sopraffino che ha regalato a Firenze un altro dei suoi capolavori.