
Nell’antichità le corsie ospedaliere erano decorate ad affresco per curare la malattia spirituale, oltre a quella fisica
L’attribuzione dell’opera è ancora dibattuta e vede protagonisti due maestri della pittura del tempo, da una lato Taddeo Gaddi e dall’altro Niccolò di Pietro Gerini. Il nome di quest’ultimo è sembrato a lungo il più valido, in quanto si ha certezza del suo intervento di decorazione delle corsie ospedaliere nei primi decenni del XV secolo. Tuttavia, da un punto di vista stilistico, l’attribuzione al Gaddi potrebbe essere confermata dalla presenza nell’ospedale intorno al 1365.
Il lacerto è stato rinvenuto negli anni Cinquanta del Novecento sotto l’intonaco delle pareti degli ex ambienti dell’antica corsia ospedaliera. Si tratta dell’unico affresco sopravvissuto dei cicli pittorici Quattrocenteschi che decoravano non solo la corsia maschile, ma anche la corsia femminile. Infatti, nell’antichità gli ospedali avevano un aspetto molto differente rispetto a quello a cui siamo abituati oggi, in maniera non casuale assomigliavano a dei musei o, meglio, a delle chiese: la corsia che ospitava i pazienti uomini era decorata con un ciclo di affreschi dedicati a Scene della Vita di Gesù Cristo; la corsia femminile era caratterizzata da affreschi rappresentanti Scene della Vita di Maria e, infine, entrambe le corsie ospitavano un altare con Crocifisso, vicino al quale venivano collocati i pazienti più gravemente malati.
Questo era dovuto alla fede religiosa dei nostri antenati, che riteneva la malattia come una vera e propria manifestazione della colpa: chi aveva irrimediabilmente corrotto la propria anima attraverso il peccato, avrebbe manifestato attraverso la malattia del corpo quell’errore.
Dunque l’opera d’arte, negli ospedali come nelle chiese, aveva una finalità utilitaristica: i fedeli si affidavano alla meditazione sulle immagini sacre nel tentativo di espiare i propri peccati e di poter raggiungere presto la guarigione fisica. In particolare, l’immedesimazione con la figura del Cristo crocifisso era molto significativa, in quanto la sofferenza vissuta da una divinità fattasi uomo e sacrificatasi per salvare l’umanità dal peccato, riusciva a coinvolgere emotivamente il malato medievale, spingendolo ad una meditazione intensa e profonda.
Con il cambio culturale e le varie rivoluzioni susseguitesi nel corso dei secoli, le opere d’arte cristiane hanno perso sempre più il loro simbolismo e, per tale ragione, nell’Ospedale di Santa Maria Nuova non è rimasto più niente tranne questo stacco.
Tuttavia, è molto affascinante constatare che sia sopravvissuta solo la scena della Resurrezione, così simbolica conoscendo la storia di questo contesto ospedaliero.